All'interno del Duomo, vi si accede varcando due imponenti portali ai lati del presbiterio da cui hanno inizio due scalinate. Nella notte tra l'11 e il 12 aprile 1997 un rovinoso incendio divampò all'interno della cappella, fatta erigere per volontà di Carlo Emanuele II per conservare la preziosissima reliquia. Il rogo distrusse gran parte dell'opera, commissionata a più artisti fin dal 1667 e infine progettata dall'architetto di corte Guarino Guarini, considerata uno dei più strabilianti capolavori del barocco europeo. Dal 1993 erano in corso i lavori di restauro della struttura, che avevano consigliato lo spostamento della teca del Sacro Lenzuolo dietro l’altare maggiore del Duomo. Il pronto intervento dei vigili del fuoco salvò la Sindone e altri preziosi arredi sacri, ma poco poté nei confronti della quasi totale distruzione della cappella, tanto che è ancora in corso il monumentale restauro. La struttura è stata concepita come inno al mistero dell’ascesi spirituale e, al contempo, delle potenzialità intellettuali dell’uomo. La realizzazione di un ambiente strutturalmente correlato tra l’abside del Duomo e il piano nobile del Palazzo Reale, così da richiamare simbolicamente, proprio attraverso la collocazione della sacra reliquia, il punto d’incontro tra il potere della religione e dello Stato, implicava una serie di difficoltà ingegneristiche, abilmente risolte dalla fantasiosa e allo stesso tempo scientifica genialità guariniana. La struttura e la composizione dei materiali della cappella si presentano in evidente contrasto – di luce, stile, emozioni – con l’antecedente spazio interno della cattedrale: avanzando tra le navate tardo-gotiche, rischiarate dall’alto da un’aperta pioggia di luce, il fedele avrebbe così iniziato a scorgere sul fondo del presbiterio una presenza architettonica “altra”. Il Marmo nero di Frabosa, su cui s’impostano i portali e le due scalinate a gradini curvi, scandisce l’ascesa in un clima di sospensione quasi agnostica. La tensione drammatica rimane però imbrigliata da ricorrenti moduli matematici, che hanno come base il 3, numero perfetto, i suoi multipli e le conseguenti trasposizioni geometriche (triangoli, esagoni, stelle a sei e dodici punte). Dalle scalinate si accede ai due vestiboli (il terzo, centrale rispetto ai primi due, mette in comunicazione la cappella con Palazzo Reale) e di qui al vano centrale. In questo punto si scatena l’effetto di tensione tra l’oscurità dei piani inferiori e la luminosità che si propaga dalla struttura conico-piramidale della struttura sostenuta dall’alto tamburo, aperto in sei finestroni ad arco, e sovrastata dalla cuspide: la prospettiva si fa vertiginosa, nel tentativo di individuare il gioco sovrapposto dei sei esagoni che, sfalsati, creano un caleidoscopio effetto-infinito a raggiungere la stella a dodici punte. Nel cuore della stella una colomba divina prende luce dagli ovali della lanterna. Al centro del vano, sull’altare, era collocata la teca della Sindone, mentre tutt’intorno spezzavano l’oscurità quattro candidi gruppi marmorei, voluti da Carlo Alberto, e raffiguranti quattro suoi antenati.