La cappella del Tesoro di S. Gennaro fu concepita dall'architetto teatino Francesco Grimaldi (1608-37) come una chiesa nella chiesa, il cui monumentale ingresso lungo la navata destra del Duomo funge da facciata. La cappella fu eretta a compimento del voto espresso dalla città intera durante la peste del 1527 senza badare a spese e con il coinvolgimento degli artisti più importanti, tanto da divenire con la certosa di S. Martino il principale monumento del Seicento napoletano. Due edicole con i Ss. Pietro e Paolo in bronzo di Giuliano Finelli affiancano il grande cancello d'ingresso in ottone dorato di Cosimo Fanzago e Gennaro Monte (1628-68). L'interno è a croce greca. Nella cupola è il Paradiso di Giovanni Lanfranco (1643); tutti gli altri affreschi nelle volte, nelle lunette (storie di S. Gennaro) e nei pennacchi sono del Domenichino (1631-41), cui si devono anche i dipinti (scene della vita e miracoli del santo) su rame racchiusi in splendide cornici in bronzo dorato e lapislazzuli sugli altari, a eccezione del meraviglioso Miracolo del santo che esce illeso dalla fornace dello Spagnoletto (altare del braccio destro). Dello sconfinato e sontuoso apparato decorativo (in parte esposto nel museo del Tesoro) si ricordano le statue in bronzo dei patroni, l'altare maggiore con il paliotto in argento capolavoro di Giovanni Domenico Vinaccia e, ai lati della tribuna, due grandi candelabri d'argento; su mensole, tutt'intorno, un rilucente corteo di busti in argento degli innumerevoli compatroni di Napoli, un insieme di grande interesse per la conoscenza dell'arte argentaria napoletana dal secolo XVII al XX. Nelle ricorrenze festive di S. Gennaro e della liquefazione del sangue (maggio e settembre) sono esposti il busto reliquiario (capolavoro di oreficeria gotica realizzato a Napoli nel 1304-5 da maestri francesi) e il reliquiario del sangue, tempietto trecentesco inserito in elementi di età successiva.