Il palazzo, uno dei maggiori sul Canal Grande e tra i capolavori del barocco veneziano, venne iniziato nel 1649 da Baldassarre Longhena per la famiglia Bon (fino al primo piano) e completato da Giorgio Massari per i Rezzonico nel 1750; per loro, Tiepolo affrescò soffitti ai piani superiori. Dal 1936 è stato restituito ai caratteri di dimora patrizia del XVIII secolo, arredato con dipinti, sculture, mobili e suppellettili d’epoca e adibito a coerente sede del Museo del Settecento veneziano. Il piano terra si articola in una lunghissima sequenza di spazi dall’atrio fino alla riva sul Canal Grande, mentre i due piani nobili presentano la tipica pianta con portego centrale a doppio affaccio, sul cortile e sul canale, e stanze ai lati; esce dallo schema la parte aggiunta dal Massari sul retro, con lo scalone e il vasto, gioioso salone da ballo affrescato da G.B. Crosato. Ambiente e raccolte restituiscono l’atmosfera, la cultura e l’iconografia di Venezia nella lunga stagione del suo splendido declino. Al primo piano nobile si ammirano soprattutto gli affreschi al soffitto di G.B. Tiepolo – l’Allegoria Nuziale (Le nozze di Ludovico Rezzonico e Faustina Savorgnan), la luminosa Allegoria del Merito tra Nobiltà e Virtù (1758), La Nobiltà e la Virtù che abbattono l’Ignoranza – le sculture lignee e il fastoso mobilio intagliato da Andrea Brustolon. Al secondo piano nobile, il portego dei Dipinti accoglie vedute di Luca Carlevarijs e Canaletto (due capolavori giovanili: la Veduta del rio dei Mendicanti e il Canal Grande da Ca’ Balbi verso Rialto), paesaggi di Marco Ricci e Francesco Zuccarelli, un dipinto storico (Morte di Dario) di Giovanni Battista Piazzetta. Nei più raccolti ambienti laterali si trovano gli affreschi di Giandomenico Tiepolo provenienti dalla villa di Zianigo (nei ricostruiti ambienti del portego del Mondo Novo, della camera dei Pulcinelli, della Chiesetta, del camerino dei Centauri, della camera dei Satiri), sorta di ricapitolazione della disincantata arte del pittore nella temperie della fine della Repubblica; due celebri vedute d’interni di Francesco Guardi (Il parlatorio delle monache a S. Zaccaria e Il Ridotto di palazzo Dandolo a San Moisé), in cui sono raffigurati gli opposti e tuttavia complementari mondi aristocratici della virtù e del gioco, delle maschere, dell’ambigua sensualità; il più importante complesso di telette di Pietro Longhi: 28 scene di genere – familiari, rustiche, eleganti – nelle quali l’artista veneziano smaschera con lucida ironia la società del suo tempo. Al terzo piano è ordinata la Pinacoteca Egidio Martini, acquisita per donazione nel 2002, che documenta con oltre 250 opere l’arte veneta del XVII e XVIII secolo (notevole il nucleo di opere del Canaletto e di Guardi). Nel mezzanino sono le opere della donazione Ferruccio Mestrovich (2001), tra cui due Tintoretto.