Tradizionalmente casa di Aquila e Priscilla, genitori della martire Prisca decapitata sotto l'imperatore Claudio, conserva notevoli opere d’arte tra cui il Battesimo di S. Prisca del Passignano. Primo documento di culto è un oratorio del sec. III assorbito dalla chiesa nel V, epoca cui risale anche la prima menzione di un «titulus Priscae»; dopo i restauri di Adriano I nel 772 e di Pasquale II, fu accorciata da Callisto III nel 1456 in seguito al crollo delle prime tre campate. Nel sec. XVII Carlo Lambardi rifece la facciata e allargò la piazza, nel 1728 Clemente XIII rimaneggiò l'interno, mentre i restauri degli Agostiniani titolari del 1935 rimisero in luce le tre arcate, oggi finestroni della sagrestia. L'interno basilicale è scandito da sette colonne ioniche per parte inglobate nei pilastri seicenteschi. Sull'altare maggiore, Battesimo di S. Prisca del Passignano (c. 1600); alle pareti, storie del martirio della santa, affreschi del Fontebuoni. Il fonte battesimale è costituito da un capitello di età degli Antonini. All'inizio della navata destra è l'accesso al mitreo di S. Prisca, parte di un complesso scavato nel 1934-66 e costituito da una casa del sec. I con quadriportico, da un ninfeo absidato di età traianea, da un edificio a due navate del II sec. entro cui era il «titulus» originario e da alcuni ambienti adattati sul finire dello stesso secolo al culto di Mitra. Dal ninfeo si perviene alla cripta della chiesa (sec. IX-X), con le reliquie di S. Prisca. Dal vestibolo del mitreo, dov'è ben conservato l'angolo per l'uccisione delle vittime, si passa alla cella del santuario, con le nicchie per le statue rituali: in fondo è l'edicola con il gruppo di Mitra che uccide il Toro e Saturno sdraiato; gli affreschi sulle pareti raffigurano a destra i Sette gradi d'iniziazione e a sin. la Processione in onore del dio Mitra e del Sole. Sulla sinistra sono l'«Apparatorium» con resti di anfore, il «Caelus», con la vasca per l'acqua lustrale, e la stanza delle iniziazioni.