Per la sua costruzione, nel III-II secolo a.C., si utilizzò ancora la tecnica greca, che sfruttava un pendio naturale per la creazione della cavea. La copertura a volte delle “párodoi”, gli ingressi all'orchestra che sono disposti su un unico asse, sono interventi di età sillana, mentre sotto Augusto si aggiunse il settore superiore della cavea - ora perduto - e altri rifacimenti seguirono al terremoto del 62 d.C. Il “frons scenae” riproduceva in muratura la facciata di un palazzo principesco, arricchito di statue e colonne e aperto da tre porte. Nell'antichità vi si rappresentavano le Atellanae, ma anche le commedie di Plauto e Terenzio, i mimi e pantomimi. I restauri appena conclusi hanno comportato, tra i diversi interventi, il rifacimento delle gradinate in tufo dove sono stati identificati e resi ancora leggibili i numeri originali romani che servivano ad assegnare i posti degli spettatori, segni che erano scomparsi nel tempo, ricoperti da muschi e licheni. La caserma dei Gladiatori alle spalle del Teatro grande assunse questa funzione solo ai tempi di Nerone; in origine il vasto quadriportico era destinate al passeggio e alla conversazione degli spettatori durante gli intervalli delle rappresentazioni.