Era un florido «municipium» romano, sicuramente di notevole importanza fino al tardo impero, inesorabilmente scomparso alla fine dell'antichità; nel Settecento alcuni contadini portarono alla luce un reperto insolito, un'epigrafe bronzea d'età traianea, che suscitò la curiosità del duca Filippo di Borbone, appassionato di archeologia (come il fratello Carlo re di Napoli, che avviò gli scavi di Pompei ed Ercolano). La zona di scavo, una delle più importanti dell'Emilia-Romagna, si stende su una serie di terrazze nella valle del Chero, in una bella cornice appenninica. Bene in evidenza, l'area del Foro e della Basilica. Reperti minori sono esposti in un antiquarium.