Fu la più importante fabbrica civile della città angioina e aragonese, la cui costruzione fu voluta nel 1279 da Carlo I e completata nel 1284. Dell'edificio angioino resta solo la Cappella palatina, dopo che incendi e guerre ne provocarono la rovina; per questo Alfonso I d'Aragona decretò (1443) la ricostruzione del castello-­reggia, condotta con criterio organico solo dopo l'arrivo (1449-50) di Guillermo Sagrera. Nel XVI secolo il castello fu circondato da un recinto bastionato, demolito tra il 1871 e il 1939 quando cominciò a diffondersi l'inesatto termine di Maschio Angioino con cui è noto. Oggi nel castello hanno sede uffici comunali, la Società napoletana di Storia patria (fondata nel 1875), la Fondazine Valenzi, nata nel 2009 con l'obiettivo di creare a Napoli un'istituzione internazionale attiva nella cultura e nel sociale, e il Museo Civico. L'esterno è caratterizzato da cinque torri, che mostrano nei basamenti a scarpata una decorazione a scanalatura di tipo catalano: la maestra verso il mare, detta torre del Beverello, su cui per secoli è sventolato il vessillo del sovrano; la torre di S. Giorgio e, a protezione dell'ingresso, quelle di Mezzo e di Guardia; infine la torre dell'Oro, la sola che mostri la struttura in tufo priva del rivestimento in piperno presente nelle altre. Tra le torri di Mezzo e di Guardia è serrato l'arco di Trionfo, lavoro fondamentale per la storia dell'arte del '400 nell'Italia meridionale, nel momento di passaggio tra cultura gotica e Rinascimento. È opera di una schiera di artisti di varia provenienza, tra cui Pietro de Martino e Francesco Laurana, uno dei maggiori rappresentanti della scultura napoletana del Quattrocento. La struttura (1453-68) raffigura l'ingresso trionfale a Napoli di Alfonso d'Aragona (26 febbraio 1443), avvenuto secondo un preciso cerimoniale che riprendeva i trionfi degli imperatori romani. L'evento è raffigurato nel fregio principale sopra l'arco inferiore (a destra l'inizio del corteo con i suonatori a cavallo; al centro il re su un carro coperto da baldacchino; a sinistra dignitari e ambasciatori). E tutto il repertorio figurativo utilizzato dall'arte romana in strutture simili è presente nella complessa macchina decorativa. Da notare alla base del sottarco, due bassorilievi tradizionalmente interpretati come la Partenza per la guerra e il Rientro vittorioso di Alfonso e in una nicchia sulla porta (chiusa in origine da battenti in bronzo, oggi esposti nel Museo Civico), un bassorilievo incompleto raffigura l'incoronazione di Ferrante I. All'interno, si accede al cortile, dove una scala tipica dell'architettura catalana del '400 conduce all'ambiente più vasto e celebre del castello, la sala dei Baroni, fino al 2006 sede del Consiglio comunale, cosi chiamata perché nel 1486 vi furono arrestati i feudatari che l'anno prima avevano congiurato contro Ferrante I d'Aragona. La sala, capolavoro di Guillermo Sagrera e quasi perfettamente cubica, mostra nude pareti sovrastate da una volta costolonata che forma il disegno di un'enorme stella, aperta alla sommità da un oculo: è memore allo stesso tempo della monumentalità delle strutture romane a pianta centrale e dell'ardita complessità dei principali monumenti civili e religiosi del gotico iberico. Dal cortile si accede inoltre al Museo Civico, ospitato negli spazi di rappresentanza dell'antica residenza angioina.