L'originaria casa-forte dell'XI secolo venne progressivamente trasformata dai Savoia in grandiosa residenza extraurbana. Emanuele Filiberto affidò il compito a Francesco Paciotto (1562), ma sarà il figlio del duca, Carlo Emanuele I, nato a Rivoli e particolarmente legato al luogo, a commissionare i lavori ad Ascanio Vitozzi e poi al Castellamonte. La reggia così concepita - un corpo principale coronato da quattro torri angolari e, poco discosto, il lungo edificio della Pinacoteca del duca, oggi noto come 'manica lunga' - venne incendiata e parzialmente distrutta durante la guerra con i francesi, nel 1693. Vent'anni dopo Filippo Juvarra assunse l'incarico di progettare una reggia grandiosa in grado di competere con le più magnificenti corti europee. Ma nel 1718 l'opera restò incompiuta per circa un terzo: l'atrio e gli scaloni d'onore non furono mai ultimati e la chiusura del cantiere impedì la prevista demolizione della 'manica lunga', che ci è quindi pervenuta come unica testimonianza della reggia secentesca. Per completare il progetto juvarriano, nel 1793 Carlo Emanuele III chiamò Carlo Randoni, che mise mano all'opera, ma l'occupazione da parte degli eserciti napoleonici fece naufragare anche questo tentativo. Nel corso dell'800 la casa regnante abbandonò via via la struttura, anche a causa della sua incompiutezza, cedendola infine al comune nel 1883 per 100.000 lire. Destinato a uso militare fino alla seconda guerra mondiale, il castello venne impropriamente occupato anche nel dopoguerra, oltre a essere spogliato degli arredi e abbandonato a un profondo degrado strutturale (la 'manica lunga', addirittura, ospitò una segheria e stalle per animali). Dopo alcuni in­terventi negli anni Sessanta, che liberarono le strutture settecentesche dalle aggiunte postume, il risolutivo intervento della Regione Piemonte, nel 1978, destinò gli spazi della reggia al nuovo museo di Arte contemporanea. Nel 1979 vennero avviati i restauri condotti, su progetto di Andrea Bruno, nel rispetto dell'incompiutezza del cantiere juvarriano: furono cosi conservate tutte le strutture non portate a termine (le rampe dello scalone che finiscono nel vuoto, l'interruzione del corpo principale con i segni degli attacchi di volte e archi mai costruiti), evidenziando lo stacco tra passato e presente, con l'uso di soluzioni e materiali contemporanei, come la passerella che oltrepassa la volta settecentesca o la grande vetrata di cristallo e acciaio, che chiude dal lato del castello la struttura grezza della 'manica lunga'. I lavori di restauro si sono protratti fino alla metà degli anni Novanta anche se gli spazi cominciarono a ospitare allestimenti fin dal 1984. Dal piazzale antistante si gode un fantastico panorama sulla pianura torinese e sulle colline.