Era solo residenziale la destinazione originaria dell’odierna via Garibaldi. Progettata dall’architetto “di Camera” Bernardino Cantone (1551), la Strada Nuova, detta anche via Aurea per lo splendore delle dimore e dei giardini, accoglieva le maggiori famiglie di Genova che, a caro prezzo, erano riuscite ad aggiudicarsi i palazzi che vi furono edificati negli anni tra 1558 e 1583. In origine chiusa al traffico, rimase un’isola felice fino alla fine del ’700. Nei due secoli successivi, le grandi casate avrebbero progressivamente lasciato spazio a istituzioni civiche, istituti di credito, antiquari ed eleganti circoli privati, che hanno garantito il mantenimento dell’eccezionale insieme artistico e architettonico, riconosciuto Patrimonio dell’Umanità Unesco. Oggi la strada è area pedonale e, dal 2004, le tre dimore storiche di proprietà comunale (palazzo Rosso, palazzo Bianco e palazzo Doria Tursi) costituiscono un unico percorso espositivo: i Musei di Strada Nuova.<br>La somiglianza con il milanese palazzo Marino lascia supporre un coinvolgimento di Galeazzo Alessi nella progettazione di palazzo Cambiaso (N. 1), generalmente attribuito a Bernardino Cantone (1558-60). Ne ornano gli ambienti del piano nobile affreschi manieristici a firma di Andrea e Ottavio Semino; si devono a Pietro Orsolino le figure (Prudenza e Vigilanza) sdraiate sul portale in marmo dell’antistante palazzo Gambaro (N. 2), edificato nel 1558-64. Alle decorazioni interne lavorò, tra gli altri, Domenico Piola, autore dell’Allegoria della Pace nel salone e dei Putti e Virtù dell’antisala.<br>È sede della Camera di Commercio il palazzo Tobia Pallavicino, al N. 4, ultimato nel 1561, su progetto di Bernardino Cantone e Giovanni Battista Castello, al quale si devono gli affreschi dell’atrio, mentre la splendida Galleria dorata al piano nobile, venne realizzata da Lorenzo De Ferrari (1743-44).<br>Una cruda storia di guerra si cela dietro ai nasi mozzati dei telamoni sul portale di palazzo Lercari Parodi (N. 3), che ricordano la mutilazione inflitta da un membro della casata Lercari ai nemici presi prigionieri dopo uno scontro armato a Cipro. Sotto il profilo architettonico, l’edificio (1571-78) presenta un’interessante peculiarità nel cortile anteposto al corpo principale: soluzione introdotta da Galeazzo Alessi e ancora inedita a Genova. Un piccolo capriccio di vanità nell’affresco (L’impresa di Megollo Lercari a Trebisonda) del salone al secondo piano, opera di Luca Cambiaso: vi compare, infatti, anche il ritratto dell’artista.<br>Affrescato sui prospetti esterni, palazzo Spinola (N. 5, Deutsche Bank) merita attenzione anche per l’apparato decorativo del piano nobile: vi misero mano Bernardo Castello, Andrea Semino e Lazzaro Tavarone, ispirati nella scelta dei temi (Pace tra Pompeo e Antonio, storie di Alessandro, Trionfo di Cesare, Trionfo di Augusto) dal poeta Gabriello Chiabrera.<br>Palazzo Doria (N. 6) è destinato alla celebrazione dei matrimoni civili nel salone al piano nobile, ornato da un imponente camino settecentesco. Alla fine del secolo precedente data la facciata barocca dell’edificio, altro prodotto del sodalizio tra Bernardino Cantone e Giovanni Battista Castello (1563-67). Gli stessi firmarono anche, nel 1563-66, palazzo Podestà (N. 7), tuttora di proprietà privata, con una riuscita facciata manieristica a tre ordini figurati e un delizioso atrio ornato da stucchi, sullo sfondo del ninfeo sistemato nel cortile.<br>Due unità abitative in un solo volume: questa tipologia è tutt’altro che inconsueta nel medioevo genovese, ripresa nel 1584-88 per palazzo Cattaneo Adorno (N. 8 e 10); il vicino palazzo Campanella (N. 12), già ristrutturato nella seconda metà del ’700, è stato pesantemente segnato dai bombardamenti del 1942.