Il poggio del monte Solenne, su cui sorge l'abbazia, era già stato scelto come sede di un cenobio eremitico quando, nel 720, Faroaldo II, duca di Spoleto, si ritirò in questi luoghi fondando il nucleo conventuale benedettino. Dopo le distruzioni compiute dai saraceni (fine IX secolo), Ottone III diede avvio alla campagna di restauro (996) portata a termine dal successore Enrico II; l'edificio attuale è frutto di un ripristino compiuto negli anni Trenta del '900 e si presenta composto da un'aula unica coperta a capriate, molto sviluppata in lunghezza, che riecheggia modelli d'oltralpe come Cluny II o St. Michael di Hildesheim. La maestosa torre campanaria, datata alla seconda metà dell'XI secolo (epoca alla quale risalirebbero anche le sculture dei Ss. Pietro e Paolo che ornano il portale meridionale) si rifà a modelli romani con contaminazioni lombarde. Nel 1995 si è concluso il restauro del complesso ciclo di affreschi che decora le pareti della navata, considerato uno dei grandi monumenti della pittura romanica in Italia (fine XII-inizi XIII secolo). La decorazione è organizzata su quattro registri: i primi tre con scene del vecchio e nuovo testamento; l'ultimo, fortemente mutilo, era occupato probabilmente da elementi ornamentali e da immagini votive; ogni singola scena è illusionisticamente inquadrata da una finta galleria scandita da colonnine tortili e commentata da un titulus esplicativo. L'abside centrale è interamente ricoperta da un grande affresco disposto su tre registri e attribuito al Maestro di Eggi (1445 circa); di notevole interesse è l'altare maggiore, raro esempio di arte longobarda firmato «Ursus Magester». Nel transetto destro è custodito il cosiddetto sarcofago di Faroaldo II, urna romana (metà III secolo a.C.) che avrebbe ospitato le spoglie del fondatore; sul fondo del transetto si trovano altri sarcofagi ascrivibili sempre al III secolo a. Cristo. L'ex convento, di proprietà privata, è adibito a struttura ricettiva e congressuale.